Sabato 16 dicembre dalle 18:00 alle 21:00 Studio Cervo presenta “quasi vero” a cura di Erika Nevia Cervo e Fabrizio Cicero, in vico San Domenico Maggiore 2.
Artisti e artiste in mostra:
Sveva Angeletti, Spazio In Situ, Roma; Paolo Assenza, off1c1na/Spazio Y, Roma; Alessio Barchitta, collettivo FLOCK, Barcellona P.G.; Marco Bernardi, Camera Frigo, Roma; Erika Nevia Cervo, Fabrizio Cicero, Sara Ciuffetta, Spazio Pane, Campoli Appennino; Simona Da Pozzo, Ex Voto, Milano; LucaGrimaldi, POST EX, Roma; Cristallo Odescalchi, struttura, Roma; Nicola Vincenzo Piscopo, Atelier Alifuoco/Quartiere Latino, Napoli; Marco Victor Romano, #APIS+, Benevento; Alice Schivardi, Alvèus_studio, Roma
Studio Cervo presenta “quasi vero”, una mostra collettiva in cui display e opere dialogano senza prevaricazioni nei suoi spazi di recente strutturazione nel cuore di Napoli. Il progetto espositivo si presenta come una esplorazione dall’interno dei meccanismi di produzione dell’opera del luogo in cui tali processi avvengono. Con l’intento di dare nuovi significati all’idea di rappresentazione e approfondire, sondando le logiche che rispondono alle fenomenologie del mostrare, il ruolo che il display ha nell’atto espositivo, lo studio dei due artisti, Erika Nevia Cervo e Fabrizio Cicero, si offre al pubblico nella sua veste di non-finito, di laboratorio, emancipando il concetto di retroscena. In tale contesto si inseriscono e si stratificano le opere degli altri artisti e artiste invitati, tutti provenienti da realtà no-profit a carattere comunitario.
L’atelier d’artista, che sempre più spesso apre le sue porte al pubblico, diviene lo spazio del vivente, del non sistemato, del confuso, del dialogo implicito ed esplicito tra opere e oggetti, che si ricontestualizzano di volta in volta che lo sguardo cade su di loro. Il titolo della mostra suggerisce una riflessione sul rapporto tra significato e linguaggio espositivo, tra immaginario collettivo e spettacolarizzazione, nel tentativo di riportare in auge la contaminazione e il dialogo tra opere.
Dove inizia e dove finisce il limite tra lo spazio di raccoglimento di un’opera e un’altra? Tra una pratica artistica e un’altra? E che ruolo gioca il display con la sua attitudine all’artificio? Una risposta comune potrebbe essere data dalla funzione che lo spettatore è chiamato oggi a svolgere, quella di non essere più solo davanti l’opera, ma dentro di essa, pronto all’interazione, a coglierne i processi che hanno portato alla sua creazione, problematizzando senso e rappresentazione.
Il progetto si presenta come un’occasione per discutere di come l’arte sia in grado di opporsi alla sua spettacolarizzazione e a ripensarsi come una forza vitale, in divenire e dialogante, che si pone oltre lo spettacolo del sé.